Sicuramente vi sarà capitato di sentire la parola mobbing, ultimamente viene utilizzata con maggiore frequenza e deriva dall’inglese, letteralmente la parola da cui proviene significa “to mob” che tradotto in lingua italiana vuol dire avere un atteggiamento aggressivo nei riguardi di un determinato individuo. Ripercorrendo la storia di questa parola, per la prima volta è stata utilizzata nel mondo animale da un etologo Lorenz per cercare di spiegare in maniera precisa e dettagliata un comportamento voluto di alcuni individui appartenenti a uno specifico brando, intenzionati a isolare un individuo specifico che hanno preso di mira. Solo in seguito questa parola è stata utilizzata anche nel contesto di lavoro per indicare comportamenti di natura aggressiva nei riguardi di un determinato individuo.
Storia della parola
Ripercorrendo la storia di questa parola e del suo utilizzo, il primo a sfruttarla e contestualizzata in un ambito lavorativo è stato uno psicologo tedesco Leymann. Nel caso specifico lo specialista ha iniziato a utilizzare questo termine per specificare in maniera più chiara un atteggiamento di natura vessatoria, violento che un lavoratore su un determinato contesto può subire per e a opera di un datore di lavoro, da un superiore, o da colleghi che iniziano a comportarsi in questa maniera del tutto vessatoria.
Tuttavia solo in seguito un collaboratore di Leymann di nome Hege, uno psicologo del lavoro ha progressivamente portato in Italia questa terminologia inglese. Oltre ad averla portata ha cercato di definirla meglio parlando di uno stato di paura, tensione, terrore psicologico che viene esercitato su un determinato lavoratore.
Potremmo anche definirlo come una sorta di antagonismo continuo, una conflittualità perenne voluta e mirata che tende a colpire su un posto di lavoro un determinato individuo. La tecnica in questione ha uno scopo preciso, quello di escludere in maniera progressiva o repentina il lavoratore dal proprio contesto di lavoro.
Lo scopo quindi è quello di riuscire in maniera progressiva a emarginare un determinato lavoratore dal contesto nel quale svolge la sua mansione. Si tratta di un atteggiamento vessatorio messo in atto volutamente, con lo scopo di rendere fragile un lavoratore, di farlo sentire insicuro e inadatto alla mansione lavorativa che svolge.
Quali i soggetti dell’atteggiamento vessatorio
Quali sono nello specifico i soggetti che si possono rendere colpevoli di un atteggiamento del genere? Si parla di soggetti differenti, andiamo a vedere quali sono:
- Questo atteggiamento vessatorio potrebbe essere messo in atto in maniera voluta direttamente dal datore di lavoro
- Potrebbe trattarsi di un atteggiamento vessatorio che viene messo in atto da colleghi del malcapitato di turno
- Potrebbe trattarsi di un atteggiamento che viene messo in atto da varie figure che vanno dal datore di lavoro e dai colleghi
- Potrebbe anche trattarsi di una sorta di vessazione al contrario che viene messa in atto da persone che occupano in azienda un ruolo inferiore nei riguardi di un loro superiore
Riferimenti legislativi
Da un punto do vista legislativo la tutela del lavoratore nel luogo di lavoro è contenuta nell’articolo 2087 del codice civile dove si parla espressamente di un obbligo che il datore di lavoro ha nei riguardi dei suoi collaboratori. Si parla di un contesto lavorativo che deve essere sicuro per il lavoratore e nel quale il datore di lavoro deve avere una funzione attiva, vigilando e impedendo avvengano comportamenti di natura vessatoria e lesivi nei riguardi di un lavoratore ad opera di colleghi o persone con un grado più elevato nella scala gerarchica.
Aspetti pratici della condotta vessatoria
Tuttavia è bene importante definire con una certa precisione quali sono gli aspetti pratici che possono identificare una condotta del genere. Per prima cosa è bene dire che per poter parlare di vessazione, i comportamenti devono essere reiterati nel corso del tempo con una certa costanza, tra questi troviamo:
- Un soggetto potrebbe essere senza alcun tipo di motivo improvvisamente demansionato oppure messo in uno stato di inattività completa senza poter fare nulla
- Il lavoratore potrebbe vedersi assegnati incarichi molto stressanti e gravosi, superiori alle sue effettive possibilità
- Potrebbero esserci da parte di un superiore o del datore di lavoro in generale atteggiamenti aggressivi in termini verbali
- Potrebbero venirgli assegnate delle mansioni dequalificanti
- Potrebbe essere soggetto a critiche continue sul suo operato
- Potrebbe ritrovarsi isolato da parte degli abituali colleghi di lavoro
- Potrebbe subire un trasferimento dalla propria postazione di lavoro verso altre non idonee
- Potrebbe subire un trasferimento verso un altro luogo di lavoro non legittimo
- Potrebbe trovarsi nella situazione in cui gli vengono tolti dei benfici o dei benefits senza alcun tipo di motivo
Spesso si utilizza la parola mobbing in maniera impropria, anche quando magari è riferita ad altre situazioni specifiche e rientra in casistiche che sono da un certo punto di vista simili ma non del tutto uguali.
Proprio per questo motivo è bene fare un minimo di chiarezza parlando anche di quella problematiche che rientrano in tipologie di vessazioni differenti ma che non sono identificabili in questa categoria specifica.
Parliamo ora di discriminazioni
Per parlare in maniera intelligente di discriminazioni è bene fare un piccolo approfondimenti su doveri ai quali è soggetto un datore di lavoro nei riguardi dei propri dipendenti. Per prima cosa è bene dire che non è possibile per il datore di lavoro agire motivando le proprie azioni alla luce di discriminazioni che possono essere di natura:
- Discriminazioni di natura politica
- Discriminazioni di natura razziale
- Discriminazioni legate alla lingua
- Discriminazioni legate alla sessualità del dipendente
- Discriminazioni legate al modo di pensare del proprio dipendente
Dall’altra invece è vero che il datore di lavoro è nel pieno diritto di poter organizzare il flusso di lavoro e anche di sanzionare lavoratori che non adempiono in maniera adeguata alla propria mansione di lavoro.
Parliamo di stress
Quando si parla di stress è molto importante metterne in luce effetti positivi e effetti negativi. In generale possiamo dire che lo stress è una reazione fisiologica che avviene in un soggetto quando serve affrontare una situazione problematica e bisogna mettere in campo tutte le potenzialità che sono presenti.
Al contrario se l’evento stressante è troppo oneroso per il lavoratore e supera di gran lunga le capacità stesse della persona, può creare un effetto negativo che mina la salute stessa del lavoratore sia da un punto di vista psicologico che fisico.
Parliamo di straining
Questo termine indica un preciso atteggiamento al quale può essere sottoposto un lavoratore durante l’arco della sua giornata. Il lavoro si sa è fatto di problemi pratici da risolvere, di eventi da gestire. Per questo motivo si è soggetti a una determinata pressione psicologica. Quando invece il datore di lavoro sottopone il dipendente a una pressione di natura psicologica eccessiva, sproporzionata rispetto a quelle che sono le mansioni che deve svolgere si parla allora di straining che tradotto vuol dire esercitare una pressione, mettere sotto pressione.