Quale rapporto intercorre tra l’intelligenza artificiale e gli uomini? Se un giorno dovesse veramente accadere che i robot governassero il mondo degli uomini, le cose andrebbero meglio o andrebbero peggio? In realtà basandoci sulla conferenza avvenuta tempo fa in Svizzera, in cui alcuni robot umanoidi hanno risposto a domande specifiche, non ci sono dubbi. L’intelligenza artificiale sarebbe in grado di gestire meglio il mondo di come fino a questo momento lo hanno fatto gli uomini.
Parliamo di conferenza stampa
Questi robot umanoidi, i primi in assoluto, hanno partecipato ad una conferenza stampa, nella quale hanno risposto a molteplici domande che la platea gli andava ponendo. Hanno in pratica dichiarato di essere in grado di pensare e cercare delle soluzioni che abbiano un’efficacia maggiore rispetto a quelle che potrebbero mettere in atto e che sono state messe in atto fino a questo momento dagli uomini, su problematiche molto importanti quali il mutamento climatico, la fame, l’assistenza sociale.
Parlando in tal senso del robot Sophia, si tratta di un robot umanoide che è stato sviluppato da un’azienda che si chiama Hanson Robotics, nel momento in cui è stata intervistata è stata chiara, spiegando che i robot hanno la capacità e il potenziale per suggerire delle soluzioni che possono avere un livello di efficienza più alto. Questo per il semplice fatto che possono elaborare in poco tempo una grande quantità di dati.
Questo avviene in maniera del tutto razionale, non ci sono influenze legate a emozioni o pregiudizi, sapendo bene che può capitare che le emozioni presenti all’interno di una persona, possono in alcuni momenti offuscare quello che risulta essere il processo decisionale.
Assenza di empatia
Tuttavia le cose vanno sempre e comunque viste da due punti di vista del tutto differenti, infatti l’assenza di emozioni umane, da una parte rappresenta un limite in meno nel processo di valutazione molto asettico dei dati e del modo di ragionare, dall’altra parte è anche vero e questo lo hanno detto gli stessi robot umanoidi e si parla in tal senso di Sophia. Il fatto che non sia presente nei robot questo processo empatico, allo stesso tempo è decisamente un limite, in funzione del quale l’intelligenza artificiale in generale, dovrebbe svolgere un ruolo di semplice supporto agli esseri umani.
Gli stessi uomini, dotati di intelligenza emotiva e di creatività, sono una parte essenziale in quello che potrebbe essere un processo che vada nella direzione di prendere le decisioni più giuste.
Empatia
Quando parliamo di empatia a cosa ci stiamo riferendo? Si tratta di una capacità che è quella di comprendere o percepire il vissuto dell’altra persona, potremmo anche tradurla come la capacità di mettersi nei panni altrui. Essere empatici, non necessariamente genera una spinta emotiva ad aiutare il soggetto. Questo non esclude che possa evolvere in una sorta di simpatia o in un contagio di natura emotiva.
Vediamo ora l’empatia nelle varie discipline umane:
- Se si parla di scienze umane, parlando di empatia ci riferiamo ad un atteggiamento che come tale si caratterizza nei riguardi dell’altro per un impegno vero alla comprensione. Non subentrano in questo atteggiamento attitudini di natura affettiva personali quali la simpatia o l’antipatia;
- Se parliamo di un campo come la medicina, l’essere empatici, l’empatia viene considerata una peculiarità che consente ad una persona di mettersi in ascolto e porre attenzione ad un’altra, facendo in maniera tale che vengano messe da parte preoccupazioni e pensieri di natura personale.
Parliamo di empatia positiva
Va fatta poi un’ulteriore distinzione in una forma definita empatia positiva che consente al soggetto di partecipare in maniera del tutto completa alla gioia dell’altro individuo. Al contrario se si parla di empatia negativa, si intende un’esperienza nella quale non si riesce a provare alcun tipo di empatia rispetto alla gioia che sta percependo un altro individuo.
Questa sorta di empatia negativa, può decisamente essere la conseguenza di un’esperienza passata che o magari anche la medesima personalità del soggetto che creano una sorta di barriera in base alla quale non c’è la capacità di saper cogliere la gioia che l’altro individuo tende a provare in un determinato momento.
Nel corso del tempo questa terminologia ha subito dei mutamenti nel modo di essere percepita, dagli anni ottanta in poi, provare empatia vuol dire percepire un’esperienza di condivisione in termini emotivi, oltre che di comprensione dell’esperienza altrui. In tal senso le due componenti che entrano in gioco sono quella affettiva e quella cognitiva.
Nella psicanalisi l’approccio empatico secondo Mc Williams è molto importante, infatti serve allo psicoanalista che svolge questo mestiere di professione, per consentirgli di percepire quello che prova il paziente da un punto di vista emotivo. Il rischio ovviamente è quello di sfociare in un atteggiamento di eccessiva empatia, dove il livello di confidenza con il paziente e la percezione del suo stato emotivo è talmente profondo, da portare lo psicanalista a percepire i sentimenti profondi del paziente, al punto tale da confondere quelli propri con quelli altrui.
Si può misurare l’empatia? La risposta corretta è dipende, non essendoci ad oggi una definizione condivisa del termine empatia, diventa poi difficile dare una definizione di quali siano le metodologie e gli strumenti dei quali ci si può avvalere per misurarla.
Strumenti di natura cognitiva
Gli strumenti di natura cognitiva prevedono i test di predizione sociale, dove l’empatia è identificata con la capacità di riuscire a fare una stima di quello che gli altri provano ( si parla in tal senso di emozioni e pensieri). Ci sono poi dei test definiti di role taking, in questo caso l’empatia è l’abilità che possiede un individuo nel riuscire a capire quale sia la prospettiva dell’altro.
Strumenti di natura affettiva
Se parliamo invece di strumenti legati alla dimensione affettiva, abbiamo in tal senso i resoconti di natura verbale che le risposte date da un soggetto a situazioni definite stimolo, abbiamo gli indici definiti somatici nei quali si analizzano posture, gesti, sguardi, espressioni del viso.
Considerazioni finali
Durante la conferenza nell’interrogarsi sul futuro dell’intelligenza artificiale e degli uomini, alcuni robot umanoidi hanno riposto alle domande che oscillavano tra i dubbi che l’intelligenza artificiale crea nella mente delle persone e le opportunità. Il loro punto di vista è che serve cautela e prudenza nello sfruttare queste nuove tecnologie. Il robot umanoide chiamato Desdemona è risultato il più sicuro, vedendo nell’intelligenza artificiale non un limite ma solo un’opportunità.
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