Se non avete mai sentito parlare del burnout, sappiate che è una condizione critica di stress di natura personale sia da un punto di vista psicologico che fisico. Questi tracolli o per meglio dire crolli di natura emotiva sono aumentati durante la pandemia e il periodo dello smartworking. Partiamo dal presupposto che la pandemia ha costretto decisamente a cambiare le proprie abitudini di vita, lavorative e professionali. Per tutti quelli che potevano farlo si è creata l’esigenza di cambiare le abitudini di natura lavorativa, quindi nella mente di queste persone nel corso del tempo è progressivamente entrato il termine smartworking. Parliamo di un approccio di natura lavorativa completamente differente da quello tradizionale. Tuttavia non vanno sottovalutati gli impatti di natura emotiva che una prassi di lavoro nel soggetto tende a creare.
Partiamo subito da un presupposto lo smartworking non è una modalità di lavoro perfetta, ideale per tutti, quindi se nella fase iniziale sembrava essere tutto perfetto, quasi idilliaco nel corso del tempo si è rivelato essere pesante da gestire, soprattutto da un punto di vista psicologico. Perchè lo smartworking se non gestito in maniera opportuna, soprattutto dal punto di vista dei tempi lavorativi, può sicuramente rischiare di portare il lavoratore verso una sorta di esaurimento di natura fisica e psicologica.
Significato del termine
Se dovessimo tradurre dall’inglese all’italiano questo termine (burnout) a cosa di dovremmo riferire nello specifico? Dovendogli attribuire il suo significato letterale parliamo di scoppiato, esaurito. Questa terminologia ha anche una sua storia, iniziata negli anni 70 quando venne per la prima volta associato a professioni nell’ambito sanitario che avevano sul soggetto un forte carico di stress e pressione di natura psicologica.
Quindi venne collegato a tutto un insieme di professioni sanitarie e non solo, dove il fattore più importante era a tutti gli effetti il contatto con le persone e il poterle aiutare. Vediamo insieme questo elenco di professioni dal carico altamente stressante da un punto di vista psicologico:
- Si parla di persone che svolgono la professione di infermieri
- Si parla di persone che svolgono la professione di medici
- Si parla di persone che svolgono la professione di insegnanti
- Si parla di persone che svolgono la professione di assistenti sociali
- Si parla di persone appartenenti alle forze dell’ordine come poliziotti
In tempi passati queste specifiche professioni sono quelle che sono state identificate come ad elevato carico di stress e soggette a portare un individuo verso uno stato di esaurimento sia di natura fisica che psicologica.
Tuttavia nel corso del tempo le cose sono cambiate, oggi questo termine non è più correlato a professioni mediche dove il carico di stress è molto elevato, ma viene utilizzato per tutti i lavori nei quali ci sono condizioni di grande pressione psicologica e forte stress fisico correlato.
Organizzazione Mondiale della Sanità
Proprio in tal senso l’Organizzazione Mondiale della Sanità nel corso dell’anno 2019 ha dato una definizione specifica di questo problema mentale e fisico di un soggetto, defindendolo come una condizione correlata a un lavoro dove lo stress non viene gestito in maniera adeguata a ottimale. Tuttavia il termine burnout è divenuto associato a uno stress che si protrae nel tempo.
Tuttavia è bene dire che la parola stress non deve essere necessariamente associata a una condizione negativa. In condizioni normali si tratta di uno stato di natura fisiologica che in quanto tale porta la persona a utilizzare delle risorse personali, sia di natura emotiva, mentale che fisica per cercare di risolvere in maniera ottimale un problema o una condizione di lavoro che risulta essere non ottimale.
Tuttavia così come possiamo trovare un risvolto positivo alle situazioni, c’è anche in inevitabile risvolto negativo legato a una condizione di stress che si prolunga eccessivamente nel tempo. Questo porta l’individuo ad esaurire quella riserva mentale di energie sia fisiche che psicologiche che come tali consentono di gestire un problema, una criticità emersa in maniera del tutto ottimale.
Quindi un’iniziale condizione positiva dettata da una risposta efficace di un soggetto che si trova a gestire in maniera pronta e attenta una situazione difficile, diventa poi una situazione che porta il soggetto ad avere un progressivo esaurimento delle risorse iniziali che aveva messo in campo fino al punto di non averne più per nulla e quindi sentirsi stanco, demotivato e fisicamente e psicologicamente prosciugato.
Squilibrio tra lavoro e risorse personali
Da cosa è determinato un problema come quello del burnout? Sostanzialmente da una forte condizione di squilibrio che si è andata a creare nell’individuo, da una parte c’è il carico di lavoro e lo stress correlato, dall’altra le risorse messe in campo dal soggetto sono del tutto spropozionate rispetto a quello che effettivamente deve fare, questo ne causa il progressivo esaurimento.
Parlando invece di questa condizione nell’ambito dello smartworking, possiamo identificare due fattori specifici e fondamentali che consentono di capire quali sono le criticità che il lavoratore può avere:
- Non riuscire a staccare dal lavoro
- Non riuscire ad organizzare il lavoro con orari precisi
Quindi cosa accade esattamente? Succede che il lavoratore non riesce a organizzare bene i suoi spazi lavorativi, in maniera tale da riuscire a conciliare lavoro con attività extra-lavorative che gli consentano di rilassare la mente. In pratica il lavoratore è sempre ” sul pezzo”, non riesce mai a distendere la mente e rilassarla. Questo surplus psicologico con il tempo tende a esaurire progressivamente il livello mentale e fisico del lavoratore.
Quali i fattori di rischio
Si possono identificare dei fattori di rischio oggettivi in base quali un lavoratore può rischiare di avere una sindrome del genere? Si, vediamo quali sono:
- Potrebbe trattarsi di fattori legati al livello economico, allo stile di vita che si conduce, al supporto della famiglia
- Potrebbe trattarsi di fattori proprio legati al tipo di lavoro. Un soggetto che svolge un’attività con un elevato livello di relazione umana è più a rischio. Pensiamo a insegnanti o a chi lavora in ospedale
- Potrebbero esserci variabili di natura organizzativa quali turni pesanti di lavoro, burocrazia
Sintomatologia
Esiste una precisa sintomatologia che in tal senso non va sottovalutata ma presa molto seriamente? Si, vediamo quali sono i sintomi:
- Il soggetto potrebbe soffrire di insonnia
- Il soggetto può soffrire di mal di testa
- Il soggetto potrebbe avere mal di stomaco
- Potrebbe avere delle difficoltà nel recuperare le energie perdute tra un turno di lavoro e l’altro
- Nel tempo il soggetto arriva a una sorta di esaurimento sia fisico che mentale
- Inizia a provare uno scarso interesse per il lavoro
- Percepisce un senso di inadeguatezza personale
Un lavoratore in smartworking potrebbe avere delle fasi specifiche prima di arrivare a sentirsi scoppiato. La prima fase prevede entusiasmo per il lavoro che svolge, nella seconda fase lavora ma si accorge di non avere più motivazioni, nella terza comincia a dubitare della qualità del suo lavoro, nella quarta c’è una sorta di disinteresse completo al lavoro.
Come comportarsi
Per cercare di evitare questo esaurimento mentale e fisico è importante darsi alcune regole quali:
- Definire orari di lavoro specifici
- Definire obiettivi ragionevoli
- Uscire per recuperare energie e tranquillità mentale
- Dedicarsi a passioni e hobby per rilassarsi
Se tutto questo non dovesse funzionare e il soggetto dovesse accorgersi di avere un livello di difficoltà personale piuttosto accentuato, sarà bene rivolgersi a uno psicologo o psicoterapeuta.