Quali sono i sintomi dell’amebiasi? Il paziente potrebbe avere dei dolori localizzati nella zona dell’addome, potrebbe avere crampi, se si tratta invece di disturbi con un livello di gravità maggiore, potrebbe avere dei disturbi che risultano essere maggiormente simili a quelli dell’appendicite, al punto tale che si potrebbe arrivare ad avere delle ulcere relative alla zona del colon, con muco e sangue presente nel materiale fecale.
Se il paziente dovesse trovarsi in una fase acuta, si potrebbe avere in tal senso l’espulsione di materiale fecale dalla consistenza semiliquida, questa condizione potrebbe prodursi con una cadenza di circa due volte al giorno. Da questo punto di vista potrebbe arrivare ad avere la diarrea con relativo muco, uno spasmo che interessa lo sfintere anale, una sindrome dolorosa a livello addominale molto intensa.
Quanto tempo serve perchè il paziente tenda a migliorare? La risposta corretta è in un arco temporale pari a circa due-tre settimane, le condizioni del paziente migliorano, al punto tale che si potrebbe arrivare ad un processo di guarigione completo. Se ci dovesse essere una ricaduta in termini di sintomi è molto probabile che il processo infettivo diventi cronico, con periodi nei quali ci sarà una fase di alternanza tra momenti nei quali il paziente ha la diarrea, alternati ad altri momenti nei quali il paziente va incontro a una stipsi (stitichezza) molto marcata.
Oltre alle problematiche appena approfondite, il paziente potrebbe andare incontro a un quadro peggiorativo delle condizioni di salute in termini generali. Queste potrebbero riguardare una carenza legata al ferro che si chiama (anemia), una forma di disidratazione, la febbre che non porta il soggetto ad avere temperature particolarmente elevate, un senso di spossatezza (definita anche astenia).
Per quanto riguarda il processo di natura infettiva, la sua manifestazione potrebbe essere non particolarmente invasiva, il microrganismo responsabile della problematica resta nella zona dell’intestino. Non ci sono particolari disturbi, se non in alcuni momenti quali ad esempio la presenza di altre patologie o un sistema immunitario non reattivo come dovrebbe. Si tratta in tal senso di un portatore che possiamo definire sano, in pratica riesce a espellere il parassita tramite il materiale fecale ma potrebbe trasmettere il processo infettivo ad altri pazienti.
Se invece parliamo della classica amebiasi che colpisce la zona dell’intestino, si parla allora di una condizione nella quale i microrganismi tendono a invadere la mucosa dell’intestino e causano in tal senso un processo infiammatorio che potrebbe provocare danni più o meno seri.
Infezione e fegato
Se il processo infettivo dovesse riguardare il fegato, potrebbe prodursi una condizione definita epatite amebica, questo potrebbe portare ad un ingrossamento che causa dolore di questo organo. Il paziente potrebbe avere una febbre che diventa elevata, il suo colorito potrebbe diventare pallido, in alcuni casi potrebbe assumere una colorazione definita giallastra.
Altre problematiche alle quali il paziente potrebbe andare incontro è un aumento di alcune cellule del sangue. Il paziente rischia il decesso? La risposta corretta è che se queste condizioni non vengono trattate nella maniera adeguata, c’è il rischio oggettivo che si possa arrivare al decesso.
Infatti il processo infettivo potrebbe propagarsi dalla zona del fegato fino al diaframma, interessando in tal senso organi come i polmoni e la pleura. In forma più rara ma in ogni caso potrebbe accadere, potrebbero essere colpiti dal processo infettivo organi come la milza, i reni e il fegato.
Disturbi che si possono presentare in forma più rara ma possibili sono le pericarditi ( un processo infiammatorio che interessa il cuore), le peritoniti che sono causate dalla rottura di ascessi che interessano la zona del fegato.
Approfondiamo la problematica
Quando parliamo di amebiasi, ci stiamo riferendo in tal senso ad una patologia di natura infettiva che è causata da un protozoo che si chiama Entamoeba histolica. In linea generale si tratta di un protozoo che vive nella zona del lume intestinale, dove il sistema immunitario in condizioni del tutto normali, riesce a gestirlo nella maniera più adeguata.
In alcuni casi, per motivazioni che ad oggi sono del tutto sconosciute, il microrganismo potrebbe diventare un nemico dell’organismo del paziente, sviluppandosi e moltiplicandosi in forma molto rapida e questo potrebbe dare orgine a un processo infettivo localizzato nella zona dell’intestino.
I disturbi invece ai quali il paziente va incontro tendono a manifestarsi in un arco temporale di circa due settimane e possono variare da:
- Potrebbero manifestarsi come semplici dolori
- Potrebbero manifestarsi come crampi a livello addominale;
- Potrebbero manifestarsi come dolori similari ad un’appendicite.
In maniera del tutto occasionale, il protozoo potrebbe uscire da un organo come l’intestino e potrebbe infettare altri organi quali il fegato causando un ascesso che è una raccolta di pus. Come avviene il processo di trasmissione dell’infezione? La risposta corretta è che si può presentare con il contatto diretto con il materiale fecale, con l’acqua, con superfici che hanno un certo livello di contaminazione. Questo avviene perchè il paziente potrebbe in maniera del tutto occasionale ingerire cibi contaminati quali:
- Si parla di frutta
- Si parla di verdura.
Quando si parla del protozoo è importante mettere in evidenza quale sia il suo ciclo vitale, vediamolo insieme:
- Un primo stadio è legato alle cisti, tramite il materiale fecale hanno la capacità di sopravvivere nel contesto esterno per un arco temporale che può variare da alcuni giorni a qualche settimana. Il loro processo di contaminazione potrebbe interessare alimenti, le acque;
- Un altro stadio è quello dei trofozoi, vengono in tal senso rilasciati nella zona dell’intestino nel momento in cui si aprono le cisti, da questo punto di vista è bene sapere che sono a tutti gli effetti i veri protagonisti del processo infettivo e dei sintomi che vengono causati.
Diagnosi
Qual’è il corretto iter diagnostico? La risposta corretta è che si analizzano al microscopio le cisti presenti in un campione di materiale fecale. Se si parla di un caso grave dove il processo infettivo colpisce e interessa organo come il fegato o il cervello, verranno raccolti frammenti di tessuto che verranno poi analizzati al microscopio.
Approcci terapeutici
Quali sono invece gli approcci di natura terapeutica? La risposta corretta è che verranno utilizzati farmaci antiparassitari da somministrare in base al livello di gravità della patologia. Se si tratta di sintomi a livello intestinale verranno usati il metronidazolo e il tinidazolo. Se si tratta invece di una forma più seria, in associazione a questi farmaci verranno somministrati degli antibiotici come ad esempio la tetraciclina.
Se si tratta di un caso grave con sintomi di amebiasi, potrà rendersi necessario reidratare il paziente con flebo, trasfusioni di sangue, se dovesse manifestarsi una forma di anemia grave, potrebbe rendersi necessario l’utilizzo di antispastici che consentono di combattere la sindrome dolorosa e cardiotonici che consentono di dare un supporto alla circolazione del sangue.
Non ci sono dei veri e propri approcci di natura preventiva, tranne essere molto attenti a norme igieniche quali il lavarsi le mani, nel preparare il cibo.